Ecomusei della Valle Camonica: un’occasione (fino ad ora?) mancata

Riceviamo e pubblichiamo un articolo uscito sull’ultimo numero della rivista Graffiti. Tra i volontari “un po’ bacati” ci siamo anche noi!

Nati in Francia negli anni ’90, gli ecomusei sono istituzioni culturali, gestite da soggetti pubblici o privati, che assicurano «su un determinato territorio e con la partecipazione della popolazione, le funzioni di ricerca, conservazione, valorizzazione di un insieme di beni culturali, rappresentativi di un ambiente e dei modi di vita che lì si sono succeduti e ne accompagnano lo sviluppo».
Si occupano, tra le altre cose, della difesa del paesaggio: nel 2013 la Regione Puglia ha previsto che fossero tra i soggetti interpellati per la realizzazione del Piano Paesaggistico Regionale e nel 2017 la Lombardia ha consultato la Rete Ecomusei di Lombardia (REL) per lo stesso fine.
Sono stati riconosciuti in 13 regioni: in Lombardia con la L.R. 13/2007 (da cui viene la citazione), ora sostituita dalla L.R. 25/2016.


6 dei 44 ecomusei lombardi insistono in tutto o in parte sulla Valle Camonica.
Molti sono nati nel 2008, in seguito all’approvazione della legge, con l’obiettivo principale di intercettare i fondi che allora la Regione stanziava. Inizialmente, la valle aveva fatto da capofila: la prima riunione della REL era avvenuta a Bienno nel novembre 2011.
Poi i finanziamenti si sono fatti più rari (l’ultimo bando riservato agli ecomusei è del 2015) e così anche questi enti hanno dovuto imparare a sopravvivere da soli. Molti hanno ridotto le loro attività, fino quasi a scomparire: proprio nel corso dell’ultimo monitoraggio regionale, l’Ecomuseo Nel Bosco degli Alberi del Pane, tra i comuni di Ceto, Cimbergo, Paspardo e Capo di Ponte, ha perso il riconoscimento regionale.
Oggi rimangono attivi solo per l’impegno generoso di gruppi di volontari e di qualche amministratore visionario, o «un po’ bacato» che decide di sostenerli.
Pessimo risultato, poiché l’ecomuseo può essere la strada migliore per difendere il paesaggio: per essenza, prevede il coinvolgimento attivo della popolazione, che partecipa in prima fila alla difesa dell’ambiente (inteso tanto in senso naturale che culturale) in cui vive.
Dove funzionano, gli ecomusei preservano e riconoscono il valore della diversità (culturale e biologica): niente di più di sinistra, si direbbe.

 

 

This entry was posted in Senza categoria. Bookmark the permalink.

Comments are closed.